LA CORTE COSTITUZIONALE NON POTEVA CHE SBAGLIARE

La Corte Costituzionale ha bocciato come inammissibili i due referendum per abrogare la vigente legge elettorale. Da segnalare l’immediata reazione Di Antonio Di Pietro: “L’Italia si sta avviando, lentamente ma inesorabilmente verso una pericolosa deriva antidemocratica, ormai manca solo l’olio di ricino”. “Quella della Corte non è una scelta giuridica ma politica per fare un piacere al capo dello Stato, alle forze politiche e alla maggioranza trasversale e inciucista che appoggia Monti, una volgarità che rischia di farci diventare un regime” (dal Corriere della Sera). Questo stile si commenta da sé ma la protesta conferma la tesi della qualità politica delle decisioni della Corte.

Parlando di “qualità politica” non si intende dire che quei supremi magistrati  favoriscano questa o quella fazione. Anche se ciò è largamente possibile. Si intende che, quando vertono su materie opinabili, le decisioni possano essere ritenute politiche: perché inevitabilmente lo sono. Se “opinabili” significa “soggette alle opinioni”, è inconcepibile che i giudici possano non averne.

Dunque bisogna sottolineare i vari passaggi.

Se si giudica una legge o una proposta di referendum che riguardi “temi sensibili” come l’aborto, l’eutanasia, la scelta fra maggiore governabilità o maggiore rappresentatività di una legge elettorale, ecc., è inevitabile che i giudici abbiano già da prima opinioni in materia. Ed è altrettanto inevitabile l’accusa di essersi lasciati trascinare da esse.

Viceversa, se una legge, o un referendum, sono cassati perché evidentemente e innegabilmente contrari alla Costituzione, la Corte dovrebbe andare indenne da qualunque accusa: ma così non è. Perché una volta constatato il fatto di cui si diceva – che cioè i giudici non possono non essere influenzati dalle loro opinioni in certe materie – tutti penseranno che sono stati influenzati dalle loro opinioni anche in questa materia. E dunque tutte le sue decisioni diverranno sospette.

Il caso di cui stiamo parlando si presta perfettamente allo scopo. Quando è stato proposto il referendum mi è sembrato naturale che, abolito il “Porcellum”, tornasse in vigore il Mattarellum. La Consulta non poteva che ammettere i referendum. In seguito, sul Corriere della Sera, ho letto argomentazioni che apparentemente incontrovertibili. Anche sulla base della costante giurisprudenza della Suprema Corte, da tali argomentazioni discendeva che i referendum non potevano che essere dichiarati inammissibili. Poi però ho letto che decine di costituzionalisti sostenevano che i referendum erano ammissibilissimi e non ho più avuto un’opinione, se non questa: la Corte Costituzionale sarà sicuramente accusata di avere adottato una soluzione politica, quand’anche una decisione politica non fosse.

Tutto questo prova che la Corte Costituzionale è un organo contraddittorio nella propria essenza. Nato per un controllo di pura legittimità costituzionale, ha vissuto l’esperienza del medico che, chiamato al capezzale del malato, invece di guarirlo, contrae la sua malattia. La Costituzione è piena di affermazioni vaghe, e dunque opinabili, e dunque politiche, e la Corte Costituzionale non ha potuto che emettere verdetti inattesi, e dunque opinabili, e dunque politici.

Non bisogna sognare che gli uomini si possano trasformare in angeli. Che essi possano non avere più viscere, cuore, cervello e opinioni. Dunque bisognerebbe ritenere intoccabili le leggi votate dal Parlamento che almeno delle sue decisioni risponde agli elettori. E per gli stessi motivi eventualmente delegare proprio alle Camere le decisioni sull’ammissibilità dei referendum. È vero che, in questo caso, i referendum entrerebbero per così dire in corto circuito: infatti il loro scopo è quello di fornire al popolo una possibilità di aggirare il Parlamento, esprimendo direttamente la propria volontà. Ma a questo si potrebbe ovviare o abolendo i referendum oppure ammettendoli tutti, dopo avere richiesto un numero di firme molto alto.

Nelle condizioni attuali abbiamo infatti un organo che sulla carta è di altissimo livello, nella concretezza riceve le critiche sguaiate di un Di Pietro senza neppure potere replicare con incontrovertibili argomentazioni giuridiche. Di incontrovertibile non c’è nulla, se i costituzionalisti erano divisi.

Nessuno è imparziale. Al massimo si può distinguere chi è in malafede da chi è in buona fede (ma non per questo è imparziale). Al posto dell’imparzialità bisogna richiedere la responsabilità. Non spero tanto di avere un giudice imparziale, araba fenice, quanto un giudice che, dell’eventuale patente ingiustizia inflittami, possa essere chiamato a rispondere dai suoi superiori. Nel caso dell’Italia, la massima autorità è il Parlamento. I magistrati che giudicano in nome del popolo italiano hanno solo vinto un concorso: i parlamentari, almeno, da quel popolo sono stati eletti.

La Corte Costituzionale non poteva che sbagliare: se non per gli uni, certo per gli altri.

giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it

 
LA CORTE COSTITUZIONALE NON POTEVA CHE SBAGLIAREultima modifica: 2012-01-12T16:38:00+01:00da gianni.pardo
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