L’EUROPA NON È NÉ UNA NAZIONE NÉ UN IMPERO

La politica dello Stato tiene conto degli interessi dei distretti industriali e di quelli agricoli, delle zone più sviluppate e delle meno sviluppate, delle grandi città e dei piccoli comuni. Naturalmente avviene che i cittadini siano scontenti degli squilibri a loro sfavore ma li sopportano se sentono di far parte di una nazione: cioè una comunità simile ad un’enorme famiglia in cui i conti non si possono fare al centesimo. 

Questa unità di intenti si raggiunge quando un popolo ha la stessa lingua, la stessa religione e una lunga storia comune. Il concetto di nazione vale dunque più per la Francia e la Spagna che per la Germania. E non parliamo dell’Austria prima del 1918, quando era un grandioso impero multinazionale.

Le ragioni che militano in favore della nazione sono intuitive: in essa i contrasti fra i cittadini sono minori, tutti sentono di avere lo stesso destino e fra i vari gruppi e le varie regioni non ci sono gravi sospetti di prevaricazione. La parte più ricca non è certo contenta di pagare, allo Stato, più di quanto faccia la parte più povera, ma in generale si accetta un livellamento che, come ogni livellamento, è a favore di chi aveva di meno e a sfavore di chi aveva di più. 

Quando invece uno Stato non è una nazione, la tendenza a dividersi fra “loro” e “noi”, secondo frontiere nate da una qualunque motivazione, è così forte che negli anni recenti si è assistito perfino alla spaccatura in due di uno Stato già minuscolo in partenza: la Cecoslovacchia.

Se la tendenza naturale è quella a restringere la comunità giuridica alla comunità nazionale, come mai esistono grandi Stati? 

Il problema in sé è insulso ma si pone perché dalla fine della  Seconda Guerra Mondiale è invalso un legalismo buonista per cui si è convinti che quel genere di catastrofi non si ripeterà mai più. Molti chiedono: perché avere un esercito, perché spendere per gli armamenti, perché rendersi temibili se nessuno ci attacca, anzi, se nessuno ci attaccherà mai?

Lo storico rabbrividisce. Se la guerra corrisponde ad un istinto dell’uomo, la pace sarà sempre un intervallo più o meno lungo fra due guerre. E dai conflitti uscirà sempre con meno danni – perché vincitore – solo chi è grande e potente. L’Impero Austriaco sarà pure stato composito, ma era, insieme alla Francia, la massima potenza europea. Oggi che l’Austria è ridotta a nazione, perfino l’Italia potrebbe farne un solo boccone.

La tendenza alla separazione nasce dall’estraneità e dal sospetto; la tendenza all’unione nasce dalla volontà di difesa e di potenza. La necessità delle grandi dimensioni, per sopravvivere, ha spinto alcuni popoli ad una sorta di bulimia di conquista. I romani non hanno mai pensato a creare un impero: lo hanno acquistato prevalentemente in seguito ad una serie di guerre “difensive”. La Russia, costantemente angosciata dalla mancanza di confini naturali, ha sempre voluto aggiungere stati cuscinetto ai suoi bordi, fino a divenire un impero sconfinato. In questo contesto è facile perdonare la scissione cecoslovacca perché quel Paese era comunque così piccolo e indifendibile che, unito o diviso, cambiava poco.

Dalla paura della guerra fra Francia e Germania, e dalla volontà di rendere più forte e prospera l’Europa, sono nati infine l’Ue e l’euro. Un lodevole ideale e un lodevole sforzo che non hanno però tenuto conto del fatto che mentre la nazione sta insieme per volontà propria, un grande Stato composito di solito sta insieme per la forza del suo nucleo centrale: Roma, Vienna, Mosca. Se viceversa ogni sua parte mantiene una notevole autonomia politico-economica, come in Europa, il risultato è prima l’instabilità, poi l’esplosione dell’impero. Quando tanti cominciano a sognare di “buttare fuori la Grecia” è segno che la comunità non sta più in piedi. La Grecia è sentita come un corpo estraneo, un peso, una gangrena che è meglio tagliare. Viceversa nella nazione italiana nessuno sogna di “buttare fuori la Sicilia”, anche se la sua Regione Autonoma è costosissima e, probabilmente, corrottissima. 

Quello che si può rimproverare agli europeisti che ci hanno condotto alla situazione attuale è d’avere dimenticato che in tanto un’entità multinazionale può avere una sola politica e una sola moneta, in quanto abbia un solo centro di comando. 

Quando nacque l’euro in tanti scrivemmo che si metteva il carro dinanzi ai buoi: la metafora era agreste, ma il principio era valido anche per la politica e l’alta finanza. Allora come oggi.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it

16 febbraio 2012

 
L’EUROPA NON È NÉ UNA NAZIONE NÉ UN IMPEROultima modifica: 2012-02-16T08:47:45+01:00da gianni.pardo
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