LO SCROFELLUM


“Se un pedofilo violentasse la mia bambina di tredici anni, non aspetterei il giudizio della magistratura: lo ammazzerei”. Chi dicesse questo, anche in un salotto borghese, non provocherebbe molte riprovazioni. La condanna a morte per il pedofilo violento è infatti sentita come giusta. Ma se quegli stessi cittadini si mettessero a discutere seriamente, riconoscerebbero subito che non si può permettere all’offeso di farsi giustizia da sé. E non perché il colpevole non meriti la punizione, ma perché l’offeso potrebbe essere accecato dalla collera, non tenere conto di tutte le circostanze e perfino reputare colpevole qualcuno che non lo è. A garanzia di tutti, una sentenza non deve essere soltanto “giusta”, deve anche essere emessa dall’organo tecnico a ciò preposto. Diversamente si ritornerebbe al Far West, dove si impiccavano i ladri di cavalli a furor di popolo.

Queste considerazioni valgono anche per la Corte Costituzionale quando afferma che un enorme premio di maggioranza per un partito, attribuito senza stabilire una percentuale minima di voti, è anticostituzionale. Può darsi benissimo che sia una baggianata, ma ciò non corrisponde a dire che la materia sia di competenza della Consulta. Soltanto il Parlamento, se giudica sbagliata un legge siffatta, può votarne un’altra, ma si tratta di cambiare una decisione politica con un’altra decisione politica.

Se una norma è cattiva non deve intervenire il giudice: è il legislatore che deve cambiarla con una nuova. Si chiama novazione legislativa. Il giudice le leggi deve solo applicarle. Se non fosse così, ci sarebbe al di sopra del Parlamento un potere che, sulla base di principi estranei alle istituzioni (l’idea che ciascuno può avere della “giustizia”, della “ragionevolezza” o persino, diremmo ironicamente, della “costituzionalità”) ha il diritto di giudicare “giusta” o “sbagliata” una legge dello Stato. La Consulta è competente per dire ciò che è “legale” o “illegale”, in pedissequa corrispondenza con gli articoli della Costituzione, non per dire ciò che è giusto o sbagliato: questo è l’ambito della politica. Intervenire in esso costituisce un inammissibile straripamento dall’ambito delle proprie competenze. Dal fatto che certi principi siano generalissimi non bisogna dedurre la libertà di estenderli all’inverosimile, fino a sovrapporsi al potere legislativo e addirittura ad esautorarlo.

Tutti queste argomentazioni erano valide già in dicembre, ma non sono state esposte prima perché si sono attese le motivazioni della Corte: dopo tutto erano possibili impensate giustificazioni. Ora il “Corriere”(1) offre qualche stralcio del testo e si ha tutt’altro che l’occasione di ricredersi. Leggiamo infatti: “Il sistema elettorale, tuttavia, pur costituendo espressione dell’ampia discrezionalità legislativa, non è esente da controllo, essendo sempre censurabile, in sede di giudizio di costituzionalità quando risulti manifestamente irragionevole”. Innanzi tutto, la Corte può cassare una legge quando confligga col dettato della Carta (e qui non viene indicato nessun articolo), non quando le appaia “irragionevole”. Inoltre, l’argomentazione pecca per una evidente petitio principii: quindici magistrati possono dichiarare “manifestamente irragionevole” una legge votata da un Parlamento di mille eletti? Da un lato mille imbecilli e dall’altro gli unici uomini ragionevoli della nazione? Ed anzi, visto che il voto è stato dato a maggioranza, otto uomini ragionevoli e sette irragionevoli, pur essendo questi sette anche loro giudici costituzionali?

Ma ci sono altre accuse: “il meccanismo premiale è foriero di una eccessiva sovra-esposizione della lista di maggioranza relativa”, infatti “si può verificare in concreto una distorsione fra voti espressi ed attribuzione dei seggi”. A parte l’uso improprio di “foriero”, caso mai bisognava dire “causa”, i magistrati fanno finta di non capire che questo non è un rischio, ma il preciso scopo perseguito dal legislatore del tempo. Di fronte all’ingovernabilità del Paese, si voleva creare un meccanismo che quella governabilità assicurasse ad ogni costo. Decisione politica sgradita? Sia. Ma sta al Parlamento, modificarla, non alla Corte Costituzionale.

Quanto alla pretesa “distorsione fra voti espressi ed attribuzione dei seggi”, essa si ha anche col sistema a due turni: la prima volta si vota per il proprio partito, la seconda per il partito meno indigesto. E non è una distorsione del proprio parere politico, questa? La Consulta dichiarerà incostituzionale anche questo sistema?

Il verdetto della Consulta “pur non vincolando il legislatore ordinario alla scelta di un determinato sistema (grazie, grazie, grazie), esige comunque che ciascun voto contribuisca potenzialmente e con pari efficacia alla formazione degli organi elettivi”. Cioè la proporzionale pura. Ogni futuro sistema, salvo questo, sarà passibile di dichiarazione di incostituzionalità: pari efficacia significa pari efficacia, e soltanto la proporzionale l’assicura. Non basta: la Corte prova ad imporre che le liste elettorali siano corte, per ottenere “un alto tasso di riconoscibilità dei candidati”. Il Parlamento rimane tuttavia libero di stabilire il colore delle schede elettorali.

Questo verdetto ha inteso abolire il Porcellum, ma costituisce esso stesso uno Scrofellum.

Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it

14 gennaio 2014

 

(1)http://www.corriere.it/politica/14_gennaio_13/porcellum-firmata-sentenza-abolizione-via-libera-modello-spagnolo-10b38a28-7c8c-11e3-bc95-3898e25f75f1.shtml

 

LO SCROFELLUMultima modifica: 2014-01-15T07:32:35+01:00da gianni.pardo
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