CHE COSA CI SARA’ DI VERO NEL PROGRAMMA DI RENZI

 

Quello che c’è stato sempre: praticamente niente

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Un programma, per il dizionario, è “l’enunciazione verbale o scritta di ciò che è necessario fare  o che ci si propone di fare”. Nel caso del governo Renzi, la lista di ciò che sarebbe necessario fare potrebbe occupare un discorso di qualche ora. E sarebbe uno spreco di parole. Sui mali di cui soffriamo siamo edotti tutti. Ciò che interessa sapere è soltanto “ciò che ci si propone di fare”.

Purtroppo, questa definizione è ancora troppo ampia. Nella favola di “Pierina e la ricottina”, la ragazza si propone di vendere la ricotta, comprare col ricavato una gallina, poi venderne le uova, e col ricavato… Insomma alla fine avrebbe avuto una grande fattoria con molti dipendenti. Ma la ricottina le cadde per terra e non riuscì nemmeno a vendere quella. Un programma ha senso non quando il suo successo è affidato ad eventi aleatori e sperati, ma quando, salvo impensabili imprevisti, si può contare su strumenti sicuri. Se si prende un biglietto d’aereo per New York, deve avvenire qualcosa di molto improbabile, perché non si arrivi in quella città. Se invece si comincia a remare da Genova su una barchetta, il “programma” diviene piuttosto inverosimile.

L’esperienza del passato, in questo campo, non è confortante. Ogni nuovo governo si è presentato alle Camere ed ha esposto progetti che spesso sono stati definiti un “libro dei sogni”. Chiunque abbia superato i cinquant’anni, all’inizio di quel genere di discorso,  smette di ascoltare e si mette a fare le parole incrociate. E se poi ha superato i sessanta o i settanta, e sente parlare di “fondi che si reperiranno reprimendo l’evasione fiscale”, non solo spegnerà il televisore ma rischierà di lanciargli contro una scarpa.

I discorsi programmatici sono soltanto una messa cantata. Le eventuali novità, i punti eventualmente significativi si troveranno condensati in un minuto o due del primo telegiornale successivo. Se quell’allocuzione non fosse una pura formalità, dovrebbe indicare non ciò che sarebbe bello fare e neppure tutto ciò che si proverà a fare, ma soltanto ciò che si è sicuri di fare. Indicando le caratteristiche principali dei provvedimenti e specificando in particolare i loro costi e le fonti di finanziamento. Tutto ciò con assoluta e totale esclusione di Arabe Fenici come il ricupero dell’evasione fiscale, il previsto aumento del gettito della tale imposta ed ogni altro introito aleatorio. Forse – beneficio aggiuntivo – in queste condizioni l’esposizione del programma potrebbe anche concludersi in dieci minuti. Alzi la mano chi ricorda una grande riforma attuata dal governo di Enrico Letta. È evidente che nel suo caso l’esposizione del programma sarebbe potuta durare anche meno di cinque minuti.

Se è vero che certi problemi sono al di là delle possibilità umane – per esempio quello del debito pubblico – bisogna ricordare che ci sono altri provvedimenti che non costano quasi nulla. Si tratta soltanto di avere la volontà politica di attuarli (ad esempio la riforma del Senato) o soltanto di avere la forza di affrontare l’impopolarità (la riforma dello Statuto dei Lavoratori). Per queste riforme basterebbe indicare le linee fondamentali, avvertendo che, in caso di ostacoli in Parlamento, cadrebbe il governo. “Se oggi ci concedete la fiducia sappiate che lo fate anche per attuare questa riforma. Se non siete d’accordo, per lealtà e per chiarezza votateci contro oggi stesso. Il vostro voto ha le caratteristiche del mandato ad attuare ciò che noi vi proponiamo”. È questo avere una volontà politica.

Purtroppo, neanche in questo campo si può essere ottimisti. Il governo non ha il coraggio di sfidare il Parlamento e il Parlamento è capacissimo di non mantenere l’impegno assunto col voto di fiducia. Alesina e Giavazzi(1) scrivono seccamente: “La Cassa integrazione (Cig) va abolita”. Semplice e netto. Ma, appunto, quale governo, quale maggioranza ne sarà capace? Non basterà sottolineare che la Cig copre alcuni lavoratori e non la maggior parte di essi; non basterà sottolineare che quella straordinaria è a spese dello Stato: una volta che il governo si troverà a fronteggiare l’opposizione clamorosa dei sindacati, al limite della ribellione di piazza, è difficile che sappia mantenere ferma la barra del timone. E invece i due editorialisti senza macchia e senza paura scrivono ancora: “Va abolito il principio del reintegro obbligatorio”. E dire che l’abbiamo visto con Mario Monti: pure sostenuto dall’universo mondo politico, il suo governo si è creduto obbligato a rinunciare alla riforma dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori.

Il probabile discorso di Renzi, come la lista della spesa di quei due editorialisti, sono libri dei sogni. Non soltanto perché – come asseriscono Alesina e Giavazzi – i grandi burocrati hanno dossier sugli uomini politici con cui possono ricattarli, più semplicemente perché da un lato ad alcuni mali non c’è rimedio (in prima linea il debito pubblico) dall’altro perché gli italiani non sosterebbero nemmeno un governo che facesse soltanto le riforme che non costano un euro. Una ­ stampa corriva e demagogica, a rimorchio dei successori del Pci, per decenni ha sostenuto a spada tratta il più marmoreo immobilismo.

Forse il programma di Renzi dovrebbe essere questo: “Sono contento di essere arrivato primo. La poltrona è comoda e finché potrò me la godrò”.

Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it

23 febbraio 2014

http://www.corriere.it/editoriali/14_febbraio_21/purche-si-dica-tutta-verita-2fdac98a-9ac2-11e3-8ea8-da6384aa5c66.shtml

 

 

CHE COSA CI SARA’ DI VERO NEL PROGRAMMA DI RENZIultima modifica: 2014-02-23T11:23:38+01:00da gianni.pardo
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