POURVU QUE CA DURE

Per il Pd, un successo effimero?

===

Il tempo, si sa, scorre molto più lentamente per i giovani che per i vecchi. È per questo che la stagione fredda riesce a far dimenticare completamente com’era la stagione calda, e per la stessa ragione poi sembra che l’estate non debba finire mai. Che a scuola non si debba tornare mai, che l’unica realtà possibile siano le vacanze, il sudore, i bagni.

Crescendo tutto cambia. Il tempo si mette prima ad accelerare, poi a correre, infine a galoppare, e il vecchio si trova a chiedere: “Tre anni fa? Cinque, dite? Accidenti, come passa il tempo!”

Il presente conserva comunque a tutte le età un’incomparabile evidenza. Ciò che è lontano nello spazio o nel tempo (perfino la nostra morte) appare inverosimile e mitico, invece la realtà attuale si impone con tanta forza da divenire quasi banale. Un’anziana coppia di turisti, che aveva girato un bel po’, ogni tanto celebrava un rito. Dinanzi ad un tempio dorato lui chiedeva: “Qual è il posto più naturale in cui essere?” “Chiang Mai, in Thailandia”, rispondeva lei. E in un altro momento, lei chiedeva. “Qual è il posto più naturale in cui essere? Il Central Park di New York”.

Questa innocente suggestione deve però essere combattuta, se si vuol dare un giudizio sereno rispetto ai fenomeni che ci troviamo ad osservare. Quando si verifica un grande fatto non bisogna dedurre, dall’emozione del presente, che i rapporti di forza che esso ha prodotto siano definitivi, che in futuro non potrà che andar così. La storia è un continuo cambiamento. A volte proprio il più grande dei trionfi è la premessa per la successiva decadenza. Alessandro è capace di creare un grande impero, i diadochi sembrano soltanto capaci di contendersene i pezzi con le armi. E infatti, vista con gli occhi della storia, quella di Alessandro sembra piuttosto una fiammata isolata che una grande civiltà come l’Impero Romano. Napoleone trionfava sulla scena dell’Europa e la sua vecchia madre Letizia si limitava a commentare: “Pourvu que ça dure”, speriamo che duri.

Non durò, ma non se ne può dedurre una regola generale. Alcuni sbandati di una setta ebraica, perfino perseguitati, sono riusciti a poco a poco a creare la più grande religione del mondo, e certo negli anni di Paolo di Tarso nessuno avrebbe potuto prevedere i fasti di Giulio II. Il comunismo più duro ed utopico, quello di Mao Tse Tung, è scomparso come non fosse mai esistito e nessuno avrebbe potuto prevedere la trasformazione della Cina nel suo opposto economico.

Si può tentare di prevedere il futuro – nel medio termine – soltanto quando le condizioni di partenza sono stabili. Per esempio, per decenni, l’intera politica italiana è dipesa da queste due premesse: “Se volete la giustizia sociale e il trionfo del proletariato, votate Pci”, o al contrario: “Se non volete i comunisti al potere, e l’Italia vassalla di Mosca, votate Dc”. E questo ha reso eterna o quasi la Balena Bianca.

Con l’implosione dell’Unione Sovietica, è venuta meno la paura dei comunisti. O, più precisamente, quella di vedere l’Armata Rossa a Roma come a Budapest nel 1956. E da quel momento la nostra politica è divenuta volatile. Viviamo in un altro mondo e ci sentiamo liberi. Per questa ragione la Dc, esclusivamente diga contro il Pci, è sparita. E ora anche Berlusconi si avvia a divenire una stagione del passato. Lo stesso Partito Comunista, pur spina dorsale dell’opinione pubblica intellettuale, si sfarina lentamente: e l’erosione alla lunga spiana anche le montagne. Quanto al Movimento di Grillo, così come potrebbe – in altre mani – trasformarsi nell’astro sorgente della politica italiana, potrebbe essere dimenticato fra qualche semestre.

In questo momento la discussione si concentra sul Pd di Matteo Renzi, che  ha appena avuto un grande successo. Ma se già è difficile fare previsioni di lungo periodo sulla base delle elezioni in cui la gente sente di avere interesse a votare, cioè le politiche, figurarsi se qualcosa di serio può dedursi da elezioni che non producono cambiamenti visibili nella nostra realtà quotidiana. Se in molti posti la consultazione non fosse stata abbinata ad elezioni locali, l’astensionismo, già alto, sarebbe stato altissimo. Forse si sta sprecando troppo inchiostro, nelle riflessioni.

Non si tratta di negare il grande successo del Pd. Si tratta del dovere di essere cauti, nel momento in cui si tenta di dedurre le conseguenze di quel successo. Soprattutto nel momento in cui Mateo Renzi si trova inevitabilmente obbligato alla realizzazione almeno di alcune delle sue troppe promesse.

La vittoria fa rifulgere l’aureola del conquistatore, ma la prudenza dice in un angolo: “Pourvu que ça dure”.

Gianni Pardo, pardo.ilcannocchiale.it

27 maggio 2014

 

POURVU QUE CA DUREultima modifica: 2014-05-27T19:52:52+02:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo