INTERCETTAZIONI

LETTURA CRITICA: D’AVANZO
Spesso in questa sede si sono commentati gli articoli solenni di Eugenio Scalfari o quelli pieni di culturale sussiego di Barbara Spinelli. Stavolta l’oggetto dell’attenzione è D’Avanzo (Repubblica, 10 giugno, “La legge del bavaglio ”).
Giuseppe D’Avanzo commenta oggi il ddl detto “delle intercettazioni” e da principio si tiene sulle generali. Lo definisce una legge “ad personam”: il Cavaliere, scrive, “si muove nel suo interesse. Teme le intercettazioni (non si sa mai, con quel che combina al telefono)”. E poco gli importa che Berlusconi non sia mai stato sorpreso a chiedere “Abbiamo una banca?”: lui sa che teme le intercettazioni.
“Oggi sarà legge il disegno che diminuisce l’efficacia delle investigazioni, cancella il dovere della cronaca, distrugge il diritto del cittadino di essere informato”.  E non favorisce la diffusione dell’afta epizootica solo per distrazione.
“Le investigazioni ne usciranno assottigliate, impoverite”. A suo tempo si sarà detto altrettanto del divieto della tortura: D’Avanzo sarebbe stato un fiero nemico delle iniziative di Voltaire e di Beccaria.
Poi si scende sul piano tecnico. “L’ascolto telefonico, ambientale, telematico da mezzo di ricerca della prova si trasforma in strumento di completamento e rafforzamento di una prova già acquisita. Un optional, per capirci. Un rosario di adempimenti, motivazioni, decisioni collegiali”. Per dimostrare quanto questa obiezione sia infondata, basta ribaltarla ipotizzando che le intercettazioni non siano “strumento di completamento e rafforzamento di una prova già acquisita” ma strumento di curiosità (o di intenzioni malevole) di un magistrato in assenza di qualunque prova e senza un controllo collegiale della loro opportunità.
Senza dire che l’argomentazione è capziosa: la distinzione non deve essere fra “prove” ma fra “indizi di colpevolezza” che esistono o non esistono. E che devono essere molto seri, se si deve violare il diritto costituzionale dei cittadini alla privatezza. Soprattutto non è lecita “la ricerca della prova”, perfino in assenza di una notitia criminis, se di fatto si cercano gli indizi. Al contrario, se esistono fondatissimi sospetti, perché mai il pm dovrebbe temere il controllo collegiale? Qui si vuole solo impedire l’arbitrio del magistrato singolo, magari fazioso.
Ma D’Avanzo si fa forte di una testimonianza: questa legge “vanifica gli sforzi investigativi delle forze dell’ordine e degli uffici di procura, come inutilmente ha avvertito il Consiglio superiore della magistratura”. Egli dimentica che la magistratura non ha competenza, per giudicare le leggi: deve solo applicarle. I commenti dei magistrati valgono quanto quelli degli infermieri che non sono d’accordo con quanto disposto dal chirurgo.
Ma è il momento di passare al massimo lamento. “La nuova legge [sulla stampa] estende il regime che oggi regola gli atti giudiziari coperti dal segreto anche agli atti non più coperti dal segreto fino alla conclusioni delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare. Prima di questo limite sarà vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, della documentazione e degli atti delle conversazioni telefoniche anche se non più coperti dal segreto”. Con questo sistema, nota D’Avanzo, non si sarebbero potute pubblicare le conversazioni che hanno dimostrato la colpevolezza dei medici di una famigerata clinica. Oppure ciò sarebbe stato possibile ma, “Con i tempi attuali della giustizia italiana, dopo quattro o sei anni”.
E qui il giornalista non si accorge di molte cose. Se le conversazioni fossero suggestive e se poi i giudici assolvessero, alla gente rimarrebbe lo stesso la convinzione della colpevolezza, con grave danno per gli interessati. In secondo luogo, il richiamo ai tempi della giustizia italiana per rinunciare alle garanzie in favore del cittadino è, ancora una volta, un modo per invocare la tortura: la “Repubblica” vorrebbe danneggiare il cittadino, magari innocente, per rendere più facile il lavoro ai magistrati?
Nel resto dell’articolo, D’Avanzo sostanzialmente invoca il diritto di violare la legge sulla stampa incorrendo in pene simboliche, come s’è fatto fino ad oggi. “Naturalmente, scrive infatti, violare la legge, anche se in nome di un dovere professionale significa accettarne le conseguenze. È proprio sulle conseguenze di violazioni (finora comunemente accettate) che la legge del governo lascia cadere un maglio sulla libertà di stampa”. Ecco come: non con una pena pecuniaria per i giornalisti, pure prevista (“Ma non è questo che conta davvero, mi pare. Che volete che sia una multa, se si è fatto un lavoro decente?”), ma con una punizione economica inflitta all’editore. Questi subirà una sanzione da 64.500 a 465.000 € e sarà spinto a vigilare perché la legge non sia violata. Ma questo, strilla D’Avanzo, interferisce con la libertà del giornalista! La libertà, traduciamo, di violare la legge senza pagare seriamente pegno. In realtà l’editore non può essere una sorta di ricettatore che, sotto la copertura della libertà di stampa, non che impedire i reati, beneficia degli scoop in termini di copie vendute.
D’Avanzo rende un pessimo servizio all’informazione e alla collettività. Se la legge merita critiche, ed è ben possibile, le sue non valgono nulla. I processi non si fanno sui giornali e gli imputati non sono trastulli per la curiosità della gente. Il giorno in cui gli capitasse, da innocente, di essere stritolato nel tritacarne mediatico, fino a vedere la propria vita distrutta per poi essere assolto in appello, capirebbe molto di più di quello che ha capito fino ad oggi.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
Se esprimerete il vostro motivato parere, positivo o negativo che sia, sui miei testi, mi farete piacere.
10 giugno 2009

INTERCETTAZIONIultima modifica: 2009-06-10T15:48:58+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “INTERCETTAZIONI

  1. Concordo le osservazioni anche se ho un figlio che si cimenta nel giornalismo. Penso che le intercettazioni siano un’arma utile ma pericolosa nella quale tutti possono incappare per una frase banale male interpretata o volutamente usata per alzare un polverone. Forse la legge non è perfetta ma la ritengo indispensabile per regolamentare l’uso eccessivo di un mezzo investigativo che il semplice cittadino recepisce come una mannaia invisibile. Con l’assunzione delle responsabilità spero sparisca la faciloneria nel pubblicarle. Di solito chi contesta pretestuosamente non è un campione di correttezza…. e strilla finchè non tocca a lui subirne le conseguenze.

  2. Qualcuno ha detto che non bisogna aspettare che l’ingiustizia colpisca proprio noi, per protestare; perché se facciamo tutti così, quando capiterà a noi nessuno ci aiuterà.

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