IL RICATTO DELLA FIAT

Se i sindacati possano ricattare le aziende e se le aziende possano ricattare i sindacati, ecco il problema.
Si veda innanzi tutto che cosa il codice intenda per estorsione, dal momento che la parola “ricatto” in esso non esiste. L’art.329 C.p. così recita: “Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad ammettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni…”
La nota fondamentale è che in tanto si può avere il reato in quanto ricorrano i due elementi della “violenza o minaccia” e dell’ “ingiusto profitto”. Facciamo dunque il caso di un signore che dica al negoziante: “O mi vende questo oggetto al prezzo che dico io, oppure andrò a comprarlo dal suo concorrente”. Si ha estorsione? Di violenza e “costrizione” neanche a parlarne, ma c’è una “minaccia”? In un certo senso sì, ma non si può avere reato, perché cercare di comprare una merce al minimo prezzo rinvenibile sul mercato non è un “ingiusto profitto”.
Se viceversa l’imprenditore dice all’impiegato “O da domani accompagni i miei figli a scuola, prima di venire in ufficio, o ti licenzio”, si ha estorsione (tentata o consumata, secondo i casi): infatti la prestazione richiesta è un “profitto ingiusto” e la minaccia del licenziamento è molto grave.
Qui tuttavia bisogna sottolineare un punto importante, dal punto di vista aziendale: le parole “da domani”. Se infatti l’imprenditore, al momento dell’assunzione, proponesse al lavoratore un patto secondo il quale fra i suoi obblighi ci sarà quello di accompagnare i bambini, il tutto potrebbe rientrare, per quanto il contratto suoni anomalo, nella normale libertà contrattuale.
Su questa base si possono esaminare i problemi di questi giorni. La Fiat, per bocca di Marchionne, dice agli operai: “O accettate i miei patti o la Fiat non costruisce la Panda a Pomigliano d’Arco”, e molti, in particolare la Fiom, parlano di ricatto. 
La prima cosa che va detta è che, fra azienda in quanto tale e lavoratori, il ricatto non è possibile. Se i lavoratori reputano che l’azienda non li compensi adeguatamente, non hanno che da licenziarsi. Se l’azienda reputa che le richieste dei lavoratori siano eccessive, non ha che da chiudere. Naturalmente queste soluzioni estreme sono dolorose e proprio per questa ragione le imprese, nel corso dei decenni, hanno sopportato l’insopportabile, come oggi gli operai sembrano disposti ad accettare ciò che il sindacato di sinistra reputa inaccettabile. Senza dire che una persona giuridica non ha nemmeno la possibilità di commettere reati.
Ed ecco il nocciolo del problema. I lavoratori non hanno il dovere di regalare nulla, all’impresa: sono lì per guadagnarsi da vivere ed è normale che cerchino di ottenere le migliori condizioni possibili. Dall’altra parte, l’impresa non assume gli operai per farli felici, lo fa perché intende guadagnare con la produzione. E allora ciascuno tira la corda dal suo lato, fino al massimo consentito.
Nel caso di Pomigliano d’Arco, l’azienda non minaccia il licenziamento. Quei cinquemila di cui si parla non costruiscono ancora la Panda: sono lavoratori che in futuro potrebbero divenire suoi operai. E non è la stessa cosa. Se i patti sono stati sottoscritti, l’impresa che non riesce ad onorarli è giusto che chiuda: ma se la contrattazione è ancora in corso, chi può imporre all’azienda di accettare condizioni economicamente rovinose?
La Fiat si comporta come quel signore che diceva: “O mi dai la merce a questo prezzo, o vado a comprare altrove”. Non c’è nessun ricatto. Si è nell’ambito della libertà di mercato e della libertà tout court.
La novità, come detto più volte, è che oggi la Fiat non può essere presa per il collo. Prima non aveva un’alternativa, al di là della chiusura, ed era normale che i lavoratori ne approfittassero (fino a costringere politicamente lo Stato a ripianare i deficit). Ora l’impresa ha un’alternativa, ed è normale che ne approfitti.
L’economia non è l’ambito della moralità: è quello del profitto, tanto da parte dell’impresa quanto da parte dei lavoratori. Ogni altra logica conduce alla miseria.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
19 giugno 2010

IL RICATTO DELLA FIATultima modifica: 2010-06-20T09:45:42+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “IL RICATTO DELLA FIAT

  1. Pardo ! mi era sfuggito questo post qui!

    a1. Il diritto del lavoro è diverso dal diritto penale:
    “In tema di estorsione, ai fini della configurabilità del reato sono indifferenti la forma o il modo della minaccia, potendo questa essere manifesta o implicita, palese o larvata, diretta o indiretta, reale o figurata, orale o scritta, determina o indeterminata, purchè comunque idonea, in relazione alle circostanze concrete, a incutere timore e a coartare la volontà del soggetto passivo” Cass., Sez. I, n. 6416/1980; Cass., Sez. I, n. 6424/1980; Cass., Sez. II, n. 969/1982; Cass., Sez. II, n. 8224/1983; Cass., Sez. VI, n. 5569/1998; Cass., Sez. VI, n. 3298/1999

    a2. Ma suona come estorsione anche secondo il codice penale:
    “Mediante … minaccia … fare … ammettere qualche cosa … con altrui danno”
    =
    “nessuna iniziativa privata dove metteremmo altrimenti campi da calcio se non accetterai condizioni riduttive rispetto al CCNL”

    Infatti la mafia minaccia di non fare aprire una impresa se non ne sceglie i lavoratori.

    b. L’economia è anche l’ambito della moralità. Ho già fatto alcuni esempi tangibili italiani. Ed esiste una affermata dottrina socio-economica sulla “Moral Dimension” alla quale, io credo, anche il nostro Tremonti si conformi.
    Senza omettere che Obama esprime una politica economica che punta alla convergenza dell’economia con la missione di governo che egli individua in: protection and empowerment for all.

    Per finire, comunque sia, meglio vivere nella utopica speranza del miglioramento che nella razionale certezza dell’imbarbarimanto.

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