PERCHÉ L’ITALIA BOMBARDA LA LIBIA

Se mio padre è un perfetto galantuomo, sarebbe strano che non lo trattassi col massimo rispetto. Ma questo rispetto non può estendersi fino a giudicarlo una persona intelligente se tale non è. Nello stesso modo, la democrazia è il miglior tipo di regime che l’umanità sia riuscita ad inventare ma ciò non può obbligarci a non vedere i suoi difetti.
Una persona informata e con un minimo di cultura è allarmata pensando che le sorti del Paese dipendono anche dal voto di un uomo di cui ha conosciuto la perspicacia in occasione dell’ultima assemblea di condominio. Il cittadino medio è tanto incompetente in economia, in diritto e in politica quanto lo è in chimica, glottologia e storia degli Assiri. Dunque, per ottenere il suo consenso, bisogna spiegargli i problemi in forma per lui comprensibile e la conseguenza è che la politica è grandemente influenzata dalla retorica e dalla demagogia. Fino ad esserne non raramente stravolta. Inoltre, i cittadini diffidano con ragione dei governanti e i candidati si presentano sempre sotto il migliore aspetto morale. “Gli altri sono cattivi, noi siamo buoni”, “Gli altri pensano a se stessi e ai loro amici, noi siamo disinteressati, e vi faremo ottenere ogni sorta di vantaggi”. Il tutto dà luogo ad un autentico festival delle bugie.
Il correttivo, in democrazia, è che il buongoverno e il malgoverno hanno infine effetti concreti. Può avvenire che il corpo elettorale attribuisca all’esecutivo meriti o demeriti che non ha ma esiste comunque un controllo dei risultati che può condurre alla riconferma della maggioranza o al suo insuccesso.
Questo meccanismo funziona molto meno bene in politica internazionale. Se già i cittadini sanno poco di ciò che avviene nel loro Paese, figurarsi quali idee possano avere in campo geopolitico. Non solo gli mancano le necessarie nozioni di geografia fisica ed economica, non solo non sanno molto dei flussi energetici e delle merci, delle alleanze e delle storiche inimicizie, ma non sono nemmeno equipaggiati per capire come funziona questo mondo: qui imperano infatti la nuda forza, gli interessi privi di scrupoli, l’egoismo più sconfinato elevato al livello di suprema virtù. Gli Stati hanno fra loro rapporti che, sotto l’apparenza della cortesia, corrispondono a quelli di animali in competizione per il cibo e le femmine. E che per il cibo e le femmine sono disposti a sopprimere i concorrenti.
La forza dei dati concreti spiega molti comportamenti che sorprendono l’uomo della strada. Questi non si rende conto che spesso contano più le necessità obiettive che i programmi politici. Obama ha fatto una campagna elettorale dando ad intendere che avrebbe totalmente cambiato la politica di Bush, avrebbe chiuso Guantanamo e avrebbe posto fine agli impegni bellici internazionali degli Stati Uniti, e di fatto ha lasciato tutto come prima. Anzi, ha aumentato il numero degli effettivi impegnati in Afghanistan. L’idolo delle sinistre (e delle donne) J.F.Kennedy si è reso responsabile dell’impantanamento degli Stati Uniti nel Vietnam. Un caso simile si è avuto persino da noi: Massimo D’Alema, da Presidente del Consiglio, ha impegnato l’Italia in un’azione bellica nei Balcani, a fianco degli Stati Uniti, contro la quale avrebbe ferocemente protestato – anzi, sarebbe “insorto” – se in quel momento avesse fatto parte dell’opposizione. Soprattutto tenendo conto delle tradizioni pacifiste e antiamericane della sinistra. Ma un conto è tenere un comizio a Bologna, un altro guidare l’Italia. Come ha detto Bismarck, “Quanto meno la gente sa di come si fanno le salsicce e le leggi, tanto più serenamente dorme” (1).
Se i governanti sono necessariamente ipocriti in politica interna, in politica internazionale lo sono molto di più. In qualunque Paese civile si cerca di fare il bene di tutti, senza danneggiare nessuno, se possibile, e questo rende facile almeno l’apparenza della moralità. Viceversa, in campo internazionale non si può spiegare gran che ad un popolo ubriaco di morale e di buone intenzioni. Quand’anche esso riconoscesse la necessità di ottenere un certo risultato, vorrebbe che l’omelette fosse ottenuta senza rompere le uova. In campo internazionale i governanti hanno il problema di guidare il Paese o nascondendo le vere ragioni delle decisioni o ammantandole di falsi scopi.
La differenza fra politica interna e politica estera è la stessa che c’è fra “noi” e “loro”. Nella nazione, parliamo di “noi”: e “noi” siamo tutti. Nessuno può essere speso a vantaggio di un altro. Fuori dalla nostra nazione invece ci sono “loro”, e se appena la gente percepisce un pericolo, la regola diviene: meglio che perdano un miliardo “loro” che un milione “noi”; meglio che “loro” muoiano piuttosto che “noi” rischiamo di essere feriti.
Riguardo alla Libia, ciò che non si può dimenticare è che la geografia non cambia. Essa era lì al tempo dei Romani e sarà lì ben dopo di noi. E non cambia neppure l’economia: quel Paese ha tanto bisogno di vendere il suo petrolio e il suo gas quanto noi abbiamo bisogno di comprarlo. Dunque, se il bottegaio si è chiamato Gheddafi, è stato necessario avere a che fare con lui. Il fatto che sia antipatico, che in passato abbia maltrattato, depredato ed espulso gli italiani, avendo dopo persino la tracotanza di chiedere dei risarcimenti, non cambia il fatto che sia il negoziante sotto casa.
Poi il vento è cambiato e per ragioni che ignoriamo la Francia e l’Inghilterra hanno sentito l’urgenza di rimuoverlo dal potere. Molti italiani hanno allora dato libero sfogo alla loro antipatia, trasformandola audacemente in una buona ragione per azioni belliche, fino a considerare “protezione dei civili inermi” dei raid sull’ufficio di Gheddafi, chissà, magari con la speranza di ammazzarlo.
L’ultima giravolta del governo italiano – per noi incomprensibile – è la promessa di partecipare agli attacchi aerei. Ma visto che s’è capito ben poco di tutta la vicenda libica, possiamo solo sperare che il nostro governo sappia ciò che fa.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, pardonuovo.myblog.it
27 aprile 2011

(1) “Je weniger die Leute wissen, wie Würste und Gesetze gemacht werden, desto besser schlafen sie!”

PERCHÉ L’ITALIA BOMBARDA LA LIBIAultima modifica: 2011-04-27T16:18:14+02:00da gianni.pardo
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5 pensieri su “PERCHÉ L’ITALIA BOMBARDA LA LIBIA

  1. Caro Gianni
    Il post, ottimamente chiaro sotto tutti i punti di vista, mette a nudo proprio ciò che vorremmo tutti capire perché il nostro governo stavolta si mette al traino della Francia?
    Ho una mia piccola e forse sbagliata ipotesi, non è che si è trattato del solito “do ut des” ? E cioè si è mercanteggiato l’appoggio francese di Mario Draghi alla testa della BCE?

  2. Gentile Ivana,
    a parte che la nomina a governatore della BCE non dipende solo dai francesi, ed infatti hanno dato la loro disponibilità solo ad appoggiarla, non vedo quale beneficio concreto ne deriverebbe all’Italia dall’avere un governatore italiano piuttosto che olandese. Oltretutto le decisioni della BCE vengono prese dal consiglio della banca non dal solo governatore.

  3. Pardo ormai scrive sempre le stesse cose. Quando Berlusconi fa una stupidaggine evidente, scrive il solito articolo sul cinismo della politica, quande ne fa (il verbo fare sarebbe fuori luogo) qualcosa che piace all’italiano medio arriva il post con i paragoni con pericle, napoleone, cesare e quant’altri.

    Comincio ad annoiarmi, e sopratutto a vergognarmi di dover passare agli occhi del mondo e della storia per essere il cittadino di un paese voltagabbana. Chissà cosa direbbero i ragazzi di Salò a La Russa.

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