L’ITALIA RIPUDIA LA GUERRA. E IL BUON SENSO

In Italia c’è la moda di idolatrare la Costituzione Italiana quasi fosse stata ispirata dallo Spirito Santo. O direttamente dettata sul Sinai a un Mosé antifascista. È invece lecito considerarla pericolosa: soprattutto nelle parti più generali. Abbiamo scritto in passato che l’art.3 (uguaglianza di tutti i cittadini) autorizzerebbe la Corte Costituzionale ad abolire la distinzione tra i gabinetti per gli uomini e gabinetti per le donne. Infatti, dove si ferma l’uguaglianza?
L’accenno alla Corte Costituzionale non è casuale. Se infatti una legge demenziale – come quella ipotizzata – è votata dal Parlamento, di quella legge deputati e senatori devono poi rispondere ai loro elettori. Se invece il provvedimento nasce da una decisione della Corte – organo non eletto e che si vorrebbe non politico – quale strumento si ha, per difendersi da una follia?
Né si tratta di un caso teorico. Le decisioni della Consulta, a proposito dei referendum, dei “lodi Alfano” e di tante altre materie, lasciano più che perplessi. Si tratta infatti di decisioni politiche con l’alibi del puro diritto, senza che poi i quindici magistrati debbano risponderne al Sovrano, cioè al popolo.
Un caso in cui la Costituzione e quel Supremo Organo che ne è il Profeta potrebbero far danni è l’art.11. Esso recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Lasciando ai costituzionalisti il compito di scrivere interi trattati su queste poche righe, se ne possono evidenziare i punti essenziali. L’Italia ripudia la guerra d’aggressione: ma nessuno Stato mai ha confessato d’aver dato inizio ad una guerra d’aggressione! Roma conquistò un immenso Impero “per difendersi”. Niente di diverso ha fatto la Russia, soprattutto perché priva di confini naturali. Perfino Hitler – un vero aggressore, se mai ce n’è stato uno – si aggrappò al concetto di Lebensraum, spazio vitale: insomma attaccò la Cecoslovacchia e la Polonia per sopravvivere. Per questa parte la formulazione è dunque inutile: se l’Italia è pacifica, non aggredirà mai nessuno, anche se non fosse scritto nella Costituzione; e se aggressiva fosse, direbbe che quella non è una guerra d’aggressione. E comunque la Corte potrebbe dichiarare “incostituzionale” una guerra che il Parlamento considera “difensiva”.
“Come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”. E a chi mai potrebbe venire una simile idea? La guerra può servire a procurarsi delle risorse, ad allargare i propri confini, ad eliminare una minaccia, a moltissimi scopi, ma mai ad uno scopo “ideale” – se pure negativo – come offendere la libertà altrui. Se oggi già si dichiara assurda l’idea di esportare la democrazia (cioè di regalarla, la libertà), figurarsi quanto assurda sarebbe l’idea di far morire alcuni dei propri soldati pur di andare a dar fastidio ad un altro popolo.
La rinuncia alla guerra “come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” non è meno discutibile. Innanzi tutto, se siamo aggrediti, non possiamo che difenderci. Con la guerra. Se poi si volesse che il senso di quelle parole sia che la guerra si può evitare col negoziato, si direbbe cosa giustissima, se soltanto si potesse essere certi che, sempre e comunque, la trattativa avrà successo. Ma così non è. E allora? Se l’imperativo di non far guerra non prevedesse eccezioni, l’Italia sarebbe soccombente in qualunque negoziato: infatti qualunque controparte saprebbe in anticipo che, in caso di rottura, noi non ricorreremmo alla forza.
Il resto dell’articolo ipotizza una polizia internazionale, capace di assicurare la pace. Ma questa polizia non esiste. L’Onu non ha un esercito. E quando questo esercito si trova, c’è sempre il sospetto che chi è disposto a fornirlo abbia interesse a farlo. Se gli Stati Uniti non avessero voluto contenere l’espansionismo comunista, chi avrebbe impedito alla Corea del Nord di annettersi la Corea del Sud? Un esercito Onu può non essere disponibile per una causa giusta e può essere disponibile per una causa che una delle parti reputa ingiusta. Chi ci assicura che il Palazzo di Vetro sia infallibile? Già oggi Gheddafi può dire che una Risoluzione dell’Onu consente l’aggressione immotivata al suo Paese, con lo scopo di un regime change che non fa parte della Carta. Siamo sicuri che intervenire in una guerra civile sia conforme agli ideali delle Nazioni Unite? E chi dice che gli insorti non si riveleranno peggiori del Colonnello?
Il ripudio della guerra senza condizioni, se applicato alla lettera, corrisponderebbe alla castrazione del Paese. Il riferimento all’Onu, d’altra parte, è tutt’altro che tranquillizzante. Oggi quell’Organizzazione vuole rimuovere, e all’occasione uccidere, Gheddafi, tempo fa ha affidato alla Libia dello stesso Gheddafi la Presidenza della Commissione per i Diritti dell’Uomo. Da decenni rivede le bucce del comportamento di Israele per dare soddisfazione alla “maggioranza automatica” (notoriamente composta da nazioni antidemocratiche) e chiude gli occhi sulle aggressioni mortali subite da quel piccolo Paese.
Insomma, che l’Italia faccia o non faccia guerre. Ma ci risparmi l’ipocrisia della Costituzione.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, pardonuovo.myblog.it
28 aprile 2011

L’ITALIA RIPUDIA LA GUERRA. E IL BUON SENSOultima modifica: 2011-04-28T14:18:28+02:00da gianni.pardo
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9 pensieri su “L’ITALIA RIPUDIA LA GUERRA. E IL BUON SENSO

  1. Ho l’abitudine, la mattina, di aprire il mio blog per vedere se ci sono dei commenti. A volte ce n’è, a volte non ce n’è. Ma a volte vedo (dal numero) che ce n’è uno, vado a vedere e scopro che è firmato “Giuseppe”. Come promesso, non lo leggo, ma sono lo stesso infastidito dal fatto di essere stato indotto ad aprire il blog per poi non trovare niente. Ho visto che anche gli altri amici, seguendo il mio consiglio, non gli rispondono mai. A questo punto la sua presenza sul blog, che dura da anni (e da mesi senza interlocutori), è inutile. I suoi commenti sono dunque banditi, in quanto pura perdita di tempo per tutti.
    Giuseppe, se vuole, può scrivermi via e-mail, giannipardo@libero.it. Cestinerò le sue mail privatamente.

  2. io apro il blog solo per vedere se c’è un commento di giuseppe..
    se bandisci lui perdi un lettore. ma sapevo che prima o poi sarebbe successo.

    pardo come uno sgarbi qualsiasi..
    che tristezza

  3. Avrei un modesto suggerimento per Gianni Pardo: non si crei degli obblighi che non ha.
    Un blog non deve essere necessariamente essere un locale pubblico aperto a tutti, inclusi gli ospiti maleducati e insultanti. Non c’e’ nessun obbligo di dare voce a chiunque, qualunque cosa scriva, specialmente in un paese pieno di arrabbiati senza idee.
    Quindi, da affezionato lettore, consiglierei di trasformarlo in un blog in cui chiunque puo’ leggere, ma solo gli invitati possono lasciare commenti. Ce ne sono molti in rete che funzionano cosi’, dando il benvenuto anche ai dissenzienti che si esprimono con correttezza.

  4. Rispondo a Felice: tutti i miei ospiti si comportano accettabilmente ed anche chi contesta lo fa civilmente, non per stupido partito preso. Dunque non ho – almeno al momento – ragione di effettuare una selezione. Io non mi sono stancato delle critiche di Giuseppe ma del loro livello.
    Rispondo ad Enrico: se lui apprezzava gli interventi di Giuseppe non ha che da esprimerne lui, ugualmente critici, ma in modo accettabile e non per partito preso.
    Non comprendo il suo accenno a Sgarbi.
    Io non ho tanto bandito un lettore, quanto posto fine ad un mio piccolo fastidio. Non gli ho del resto nemmeno precluso la possibilità di scrivermi privatamente. Naturalmente non assumendo l’impegno – cui nessun può obbligarmi – di leggere quello che scrive.
    Se comunque altri lettori sono del parere di Enrico lo dicano e può anche darsi che io riammetta quel tale lettore: non voglio, per togliermi un piccolo fastidio io, togliere un oggetto d’interesse agli altri. Naturalmente rimanendo fermo nella mia posizione di non leggere assolutamente mai quello che scrive, e avvertendo i lettori che, nel caso per i fini della discussione vogliano citarne le idee, non devono contare sulla mia previa conoscenza di quelle stesse idee.

  5. conoscenza di cosa? idee? Prof, lei è un inguaribile romantico ottimista. Devo confessarle che anche a me provocano lo stesso senso di fastidio.

  6. Interessante la piega che ha preso questo – condivisibile – articolo a seguito di commenti, e di decisioni che nessuno può sindacare perchè il padrone di casa, in casa propria, fa sempre quello che vuole e il signor Pardo qui presente mi pare ospite già tutt’altro che sgradevole. Da par mio mi sono accodato da lunga data a seguire il consiglio che dava il suo comportamento, Pardo, saltando a piè pari ogni cosa avesse a pedice quel nome. Non per scortesia, intolleranza o maggiormente becere attitudini mie e di altri qui dentro: semplicemente, leggere qualsiasi cosa recante lo stesso nome a firma mi faceva pensare se la persona in questione ci facesse, o piuttosto ci fosse; non sapendo quale delle due cose essere la peggiore. Senza offesa. Questo l’ho letto, ma perchè la brevità del medesimo me lo faceva pensare d’altri, così che inizialmente l’ho pure frainteso. Vabè bando alle ciance senò diamo troppa importanza a cose che non ne contengono la minima traccia.
    Mantenga l’ostracismo, signor Pardo, o lo levi; per quanto mi riguarda non fa nessuna differenza perchè continuerei ad evitare commenti che, a ragion veduta, ritengo evitabili a priori. In questo modo magari fruirei di una lettura più fluida, mancando centimetri e centimetri di spazio vagamente compilato da far scorrere in basso, ma lo sforza è minimo per cui, di nuovo, il garbato padrone di casa, in casa sua invita chi e solo chi desidera.
    Sono gli ospiti semmai che dovrebbero capire quando è il momento di dare un taglio ad abitudini di stolida natura, ma questa è problema di sempre e beh: l’educazione o ce l’hai, o pazienza.

  7. Per Enrico :
    in un blog gli interventi dei lettori, anche i più critici, devono essere indirizzati solo alle tesi esposte dall’autore o dei lettori; non si deve tollerare l’insulto personale e il dileggio dei partecipanti.
    Io non avrei avuto la pazienza di Pardo, e non avrei tollerato di essere qualificato vigliacco e i lettori una massa di ignoranti. Pardo ha aspettato anche troppo a metterlo fuori !

  8. Caro Eduardo,
    forse è vero che, oggettivamente, ho aspettato troppo. Ma a mia giustificazione devo dire che, da mesi, non ho saputo nulla di simili intemperanze.
    Aggiungo che considero una sconfitta quando non riesco ad avere con qualcuno, sia pure un avversario, un rapporto cortese e amichevole. Ma, come si dice nell’articolo, un negoziato è meglio di una guerra, ma l’amore per il negoziato non esclude che in qualche caso si debba passare alle maniere forti.
    Per sposarsi bisogna essere in due, per litigare basta che lo voglia uno.

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