ITALIA MORALE, SVIZZERA IMMORALE

Dario Di Vico (“Le imprese senza più alibi”) sostiene che  con la riforma Fornero vi è una schiarita nel mondo della produzione e prosegue: “Adesso però che siamo diventati più simili ai nostri partner e concorrenti non ci sono più alibi e gli imprenditori italiani sono chiamati a una straordinaria prova di responsabilità sociale”. Sembrano le parole di un patriota che si augura il bene del proprio Paese e forse lo sono, ma possono anche sembrare bestemmie economiche. Esse infatti corrispondono ad una concezione pressoché religiosa o falansterica della società. Una mentalità che fa pensare alla Città del Sole di Campanella e all’Utopia di Tommaso Moro. 

Di Vico chiama gli imprenditori ad una responsabilità sociale cui si sarebbero sottratti (“alibi”) come dei delinquenti. Invece nel mondo libero il dogma è che l’imprenditore tenda al guadagno e che ciò facendo – ma come effetto secondario – dia lavoro agli operai, offra dei beni o dei servizi alla nazione e contribuisca alla prosperità nazionale. Se si occupasse, come Di Vico vorrebbe, della responsabilità sociale, potrebbe assumere più lavoratori del necessario perché, poverini, sono disoccupati. E far fallire la sua impresa. 

Sigmund Freud aveva proprio ragione, quando sosteneva che la verità la si dice meglio quando non si pensa di dirla, cioè col lapsus o con lo scherzo. Di Vico, con quella frase buttata lì di passaggio, ha dimostrato una mentalità socialista utopica e rivelato una delle cause dei problemi dell’Italia. Per lui gli uomini e perfino gli imprenditori non dovrebbero agire per interesse economico ma per dovere morale. Un progetto che non solo non è mai riuscito nella realtà del mondo libero, ma ha dato pessimi frutti perfino nell’autoritaria Unione Sovietica, rimasta miserabile. 

Per gli imprenditori vale il bellissimo proverbio inglese per il quale si possono portare i cavalli all’abbeveratoio ma nessuno può obbligarli a bere. Se si reputa utile avere la collaborazione degli industriali, l’unico modo per ottenerla è far sì che essi abbiano interesse ad operare nel Paese. Inutile frustare i cavalli che non bevono. Se invece in un dato posto si odiano i benestanti e si impongono tasse demenziali su chi si arricchisce col proprio lavoro, si ottiene soltanto che gli imprenditori non intraprendano e i gaudenti i divertimenti vadano a procurarseli altrove. Sicché la manovra economico-morale si risolve in una perdita per la nazione, per l’erario e per i livelli occupazionali. Infatti fra quelli che perdono il lavoro ci sono anche coloro che fornivano lussi e divertimenti. 

La povertà fa andare in Cielo ma di solito è lodata da chi non è povero. Il denaro è amato da tutti, spesso troppo. Ciò malgrado la retorica fa finta di non accorgersene e continua a definirlo la quintessenza dell’immoralità. Il Vangelo addirittura lo definisce “sterco del Demonio” e naturalmente l’Italia, moralissima, lo guarda accigliata. La conseguenza è che i soldi hanno tendenza ad andarsene in Svizzera, un Paese che nemmeno Dio aveva in simpatia. Basti dire che al Myanmar ha dato  petrolio, gas naturale, carbone, zinco, rame, pietre preziose, molto legname e qualche miniera di uranio, mentre la Confederazione ha solo montagne. E tuttavia è uno dei più ricchi Paesi del mondo. Semplicemente perché dispone di una risorsa che manca a molti: il buon senso. A Zurigo si parla tedesco ma forse molti conoscono il bel detto latino per cui naturae non imperatur nisi parendo, alla natura non si comanda se non obbedendole. Il numen loci, il dio locale, è la realtà. Per esempio, il segreto bancario sarà un modo di proteggere i delinquenti ma è anche un modo per fare arrivare nella confederazione denaro che viene da tutto il mondo e crea benessere.  

L’Italia è molto più morale della Svizzera, e si sforza di esserlo ogni giorno di più. Al contrario, la Confederazione bada soprattutto al benessere dei suoi cittadini. Forse non protegge gli indigenti come li proteggiamo noi, ma ne ha tanti di meno. Forse è meno generosa con gli immigranti,  ma ha un più basso tasso di delinquenza. Forse i suoi imprenditori pensano solo ad arricchirsi, mentre i nostri ascoltano Di Vico e nel frattempo delocalizzano. 

Insomma l’Italia va benissimo per persone di alto livello etico. Solo alcuni gaglioffi sono talmente immorali che preferirebbero essere svizzeri per far parte di una nazione che non ha niente se non il suo pragmatismo e con esso fa vivere da pascià. 

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

23 marzo 2012

 
ITALIA MORALE, SVIZZERA IMMORALEultima modifica: 2012-03-25T10:46:26+02:00da gianni.pardo
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