L’ACCORDO DI ABC PER LE RIFORME

Un redazionale del Corriere della Sera informa stasera che i tre segretari Alfano, Bersani e Casini sono giunti ad un accordo di massima per le riforme. Eccolo in sintesi: “riduzione del numero dei parlamentari, revisione dell’età per l’elettorato attivo e passivo, rafforzamento dell’esecutivo e dei poteri del premier in Parlamento, avvio del superamento del bicameralismo perfetto” e, per quanto riguarda la nuova legge elettorale, “potere di scelta dei parlamentari, un sistema non più fondato sull’obbligo di coalizione, l’indicazione del candidato premier, una soglia di sbarramento e il diritto di tribuna”. Che cosa bisogna pensarne? 

In primo luogo, è sempre valido il principio (di ignota origine ma fondatissimo) per il quale “il diavolo si nasconde nei particolari”. Dunque ogni intesa di massima è una non-intesa. Non è un accordo, è un desiderio di accordo. Che poi ad esso si giunga, è un altro paio di maniche. Fra l’altro, il tempo – da oggi alle elezioni del 2013, e con le ferie in mezzo – è piuttosto limitato. Comunque,  non si può essere né programmaticamente pessimisti né programmaticamente ottimisti: bisognerà aspettare. 

Ammettiamo comunque che i tre segretari abbiano giocato con le idee e procediamo analiticamente ad esaminarle, per come sono state riassunte.

1)La diminuzione del numero dei parlamentari, opportuna in sé – perché si risparmia denaro pubblico – riduce la rappresentanza dei parlamentari stessi. Ognuno di loro sarà infatti eletto da un maggior numero di elettori. Non che sia un male, in sé, ma dal momento che si vuole un maggiore “potere di scelta dei parlamentari”, previsto nella modifica della legge elettorale, le due esigenze sono contraddittorie.

2)La “revisione dell’età per l’elettorato attivo e passivo” può essere un errore. Dal momento che questa revisione va nella direzione di aprire le porte a persone ancora più giovani, e dal momento che l’attuale gioventù, viziata e disinformata, è culturalmente peggiore di quella di un tempo, non è detto che si faccia un affare.

3)Il “rafforzamento dell’esecutivo e dei poteri del premier in Parlamento” sarebbe un’ottima cosa. Ma in che cosa consisterà, in concreto, questo rafforzamento? Il solito problema dei particolari.

4)L’ “avvio del superamento del bicameralismo perfetto” è da tutti indicato come una cosa opportuna. E dunque bisogna inchinarsi all’opinione dei più. Ma in un Parlamento in cui vige la pratica del colpo di mano, dell’emendamento a sorpresa, dei franchi tiratori, ed altro ancora, può darsi che un giorno ci se ne debba pentire. Infatti diverrà impossibile mettere rimedio a uno sgambetto nell’altro ramo del Parlamento.

5)Per la legge elettorale, si parla di “un sistema non più fondato sull’obbligo di coalizione”. Ma l’obbligo di coalizione non c’è mai stato. Che cosa intendono, dunque? Perché non parlano più chiaramente della sorte del premio di maggioranza? Una cosa è certa: se c’è l’accordo di Casini, il premio di maggioranza dovrebbe o sparire o essere reso inoffensivo. Il Pdl e il Pd in questo caso farebbero un pessimo affare.

6)Per quanto riguarda “l’indicazione del candidato premier”, dopo Berlusconi si tratterebbe solo di rendere costituzionale una prassi ormai consueta.

7)Infine si parla di “una soglia di sbarramento” e di un “diritto di tribuna”. Queast’ultimo è più o meno un contentino per i trombati, mentre la soglia di sbarramento può facilmente essere immaginata rispondendo a questa domanda: quale percentuale di voti è sicuro di ottenere Casini? Infatti le esigenze sono due, escludere i piccoli disturbatori e nel frattempo non escludere Casini. Fra questi due estremi, tutto è possibile. Da una soglia altissima, che conduce verso un bipartitismo, a una soglia bassissima, che ci farebbe tornare a bomba alla Prima Repubblica. Incrociamo le dita. 

Infatti, il vero problema è quello del premio di maggioranza. Con l’interesse ad essere inclusi nella coalizione, i partiti si devono mettere d’accordo sul programma prima delle elezioni. Sparito il premio di maggioranza, i partiti che hanno superato lo sbarramento cercheranno il programma su cui accordarsi e i partiti su cui accordarsi, dopo le elezioni. Bel guadagno. Uno vota per un dato partito perché faccia una politica bianca e quello, dopo le elezioni, aderisce ad una coalizione che fa una politica gialla. Perché il potere rimane appetibile.

Per fortuna in Italia non bisogna mai bagnarsi prima che piova, perché da noi tra il dire e il fare di solito c’è l’Oceano Pacifico, e a volte si va oltre lo Stretto di Magellano.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

27 marzo 2012

 
L’ACCORDO DI ABC PER LE RIFORMEultima modifica: 2012-03-27T20:36:08+02:00da gianni.pardo
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