BRUTO AVREBBE UCCISO BERLUSCONI?

 

Un istinto magnanimo – per chi l’ha – spinge a vedere le ragioni dei vinti, dei condannati, dei reietti. Naturalmente non quando il crimine è motivato da ragioni abiette o demenziali, ma quando è ispirato da idee che possiamo accettare almeno come soggettivamente plausibili. Se Jago è spregevole perché agisce per invidia, si rimane invece perplessi dinanzi a Bruto il quale, come Cassio, non voleva il posto di Cesare; voleva anzi che Cesare non avesse quel posto di sovrano che poi ebbero tanti Imperatori, dopo Augusto. I due assassinarono un grand’uomo contro cui non avevano niente, personalmente, in nome di un’idea di Repubblica e in fin dei conti di libertà. I romani non perdevano tempo a descrivere conflitti intellettuali o di coscienza e il Bruto di cui parliamo è forse “l’uomo d’onore” di cui parla il Marcantonio di Shakespeare. Ma se Cesare l’ha chiamato figlio, e se il giovane non era un mostro, non può non aver superato un grave conflitto intimo.

In primo luogo, Bruto non poteva ignorare che Cesare non era ancora un dittatore e che non si può eseguire una condanna a morte per un reato che non è stato ancora commesso. Dunque non può essere assolto. Inoltre contro i congiurati v’è sempre un argomento pressoché insormontabile: il rigetto della spendibilità di una vita umana in nome di qualcosa di astratto. Il tirannicidio è ammissibile quando si tratta di sopprimere un mostro non altrimenti eliminabile: Caligola, Hitler. Nei rimanenti casi, soprattutto quando il tiranno è caduto, da Mussolini a Ceausescu, il loro omicidio è soltanto un crimine. Senza dire della perplessità che suscita una condanna giudiziaria nella forma e politica nella  sostanza come non può non essere quella di un autocrate: e si pensa a Carlo I o Saddam Hussein. Anche se ragionevolmente quest’ultimo non può essere comparato al sovrano inglese.

Grazie al cielo, nella politica italiana non si procede con stilettate nelle spalle o con agguati in strade buie. Ma la lunga dominazione di Berlusconi sulla totalità del suo partito e su metà del Paese ha suscitato istinti belluini persino in coloro che gli dovevano tutto. Si direbbe che in loro si sia manifestato un freudiano anelito di maggiore età mediante il parricidio: i congiurati non hanno tanto voluto “uccidere il padre” per il male fatto a loro o al Paese, quanto per l’ombra che proiettava e li annichiliva. Le discussioni e le critiche politiche sono secondarie. Se Gianfranco Fini avesse agito per un razionale interesse politico non si sarebbe ridotto a un ricordo sbiadito ed irriso. Forse ha ceduto ad una pulsione passionale in linea con quella di Jago: se io non posso essere lui, che almeno lui non sia più sé stesso.

Oggi il discorso vale per Angelino Alfano. Anche lui drammaticamente chiamato “figlio” da chi ha pugnalato. In questo caso il momento in cui il tradimento sarebbe parso inverosimile è talmente vicino da avere ancora sapore di presente: non sono passati nemmeno tre mesi da quando i rapporti tra lui e Berlusconi erano improntati ad una tale affettuosità e fedeltà, che ambedue si sono sentiti in dovere, per decenza, di confermarli anche dopo la rottura. Ma è stato come promettere di raccogliere la pioggia che si è già infiltrata nel terreno. Infatti meno di due mesi dopo abbiamo un nuovo partito, col suo bravo simbolo da società del gas. Oggi si amerebbe dunque vedere nel progetto di Alfano qualcosa di più di una ribellione in nome della raggiunta maggiore età e invece si è costretti, come nel caso di Fini, a dubitarne.

Se Alfano raggiungerà grandi risultati, ne saremo lietissimi e diremo che un’azione moralmente discutibile sarà stata valida politicamente. Ma non sembra probabile. Si è tenuto in piedi un governo che oggi sembra rattoppato con lo spago; la stessa partecipazione dei “governativi” domani potrebbe essere ridimensionata: lo chiede Renzi; il governo potrebbe adottare provvedimenti tali da mettere Alfano e gli altri dinanzi al dilemma se dimettersi – e avere rotto con Berlusconi per nemmeno un piatto di lenticchie – o accettare altre tasse, altra depressione, altre patrimoniali, per essere infine sputati via dall’elettorato alla prima occasione.

Forse bisognerebbe pensarci più di due volte, prima di commettere un parricidio.

Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it

6 dicembre 2013

BRUTO AVREBBE UCCISO BERLUSCONI?ultima modifica: 2013-12-07T10:25:21+01:00da gianni.pardo
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