LA SPERANZA IN POLITICA

 

Rispetto all’azione di Matteo Renzi ho espresso tante volte il mio scetticismo che qualcuno potrebbe pensare che lo disprezzi. Invece gli amici hanno capito che anch’io sarei lietissimo se il ragazzo avesse successo. E infatti, quando sottolineo l’inverosimiglianza dei suoi propositi, ribattono: “Anche se le tue obiezioni sono sensate, cosa ci impedisce di concedergli un minimo di credito? Cosa ci impedisce, essendo in una situazione terribile, di sperare che egli riesca?”

Secondo il Devoto-Oli, la speranza è l’“attesa fiduciosa, più o meno giustificata, di un evento  gradito o favorevole”. Se l’analista preleva il sangue di un cliente, costui spererà naturalmente di non sentirsi annunciare un brusco aumento della glicemia o della colesterolemia: ma può dirsi che la sua attesa sarà “fiduciosa”? Il tecnico gli dirà la verità, quale che sia, e il suo corpo non gli ha mai promesso l’eterna salute. Il risultato è imprevedibile.

Il dizionario ha dunque ragione quando, riguardo alla fiducia, pone l’inciso: “più o meno giustificata”. Mentre sappiamo che la rimozione chirurgica di una cisti superficiale di solito non presenta il minimo problema, e dunque la speranza di liberarsene è “molto giustificata”, immaginare di risolvere la situazione fallimentare della propria azienda vincendo il primo premio della lotteria nazionale sarebbe da dementi.  Che cosa ci impedisce dunque di sperare che Renzi riesca? Nulla, salvo la ragionevolezza.

Se la sua azione dipendesse soltanto dalla buona volontà, dall’intelligenza, dal coraggio, in molti ci lasceremmo andare alle più rosee speranze. Se invece per l’economia crediamo che il compito sia impossibile – per lui come per chiunque altro, di destra o di sinistra, di sopra o di sotto – anche sperare diviene impossibile.

Per giunta – è notizia di oggi – i primi segnali concreti sono negativi. Ammettiamo che l’attuale Primo Ministro, invece di annunciare una grande riforma al mese, ci avesse promesso soltanto una nuova legge elettorale operativa entro novanta giorni. Sarebbe stato un miglioramento a costo zero, ma ci avrebbe autorizzati a sperare. Almeno una cosa l’avremmo avuta. E invece già qui, al primo ostacolo, la montagna ha partorito il topolino. Dopo essersi impegnato anche per iscritto ad attuare questa riforma subito, per ambedue le Camere, rendendola immediatamente operativa, Renzi ha ceduto ad Alfano (risoluto a non andare alle urne neanche per salvare i figli) ed ha accettato di limitarla alla Camera soltanto.  E il Cavaliere, per debolezza o per non perdere tutto, ha chinato la testa. Così, se il governo cade, avremo le migliori probabilità di avere le Camere con due maggioranze diverse. I transfughi di Forza Italia sono giustamente terrorizzati dal giudizio degli elettori e quel Renzi che roteava la scimitarra si è piegato ai loro interessi di poltrona dei. Scendiamo così dalle vette dei proclami alla concretezza dei compromessi e dei ricatti. Business as usual, signor Primo Ministro. E dire che questa era l’unica riforma nata sotto buoni auspici.

Non è stato cedimento da poco. Se la legge fosse stata valida per Camera e Senato (malgrado qualche difficoltà costituzionale) Renzi avrebbe potuto minacciare Alfano di mandarlo a casa con le elezioni anticipate. Ora al contrario è Alfano che tiene lui al guinzaglio. L’NCD ritarderà in ogni modo l’abolizione del Senato, perché fino a quel momento “non si potrà votare”, e così rimarrà al governo. Renzi per giunta si permette di prenderci per i fondelli dichiarando che la modificazione non ha importanza, “perché tanto il Senato va abolito”. Ma certo. Fra due anni, fra tre, comunque vada, la legislatura finisce nel 2018.

Se si sta attenti all’aria che tira, si direbbe che il giovane fenomeno il picco della parabola l’abbia già raggiunto. Finché si è trattato di “rottamazione”, di primarie, o di nomina a segretario del Pd, la sua ascesa è sembrata inarrestabile. Tanto che molti, per paura di saltare in ritardo sul carro del vincitore, gliele hanno date tutte vinte. Inclusa la sconcia decisione di rovesciare il governo Letta. Ma da quel momento è come se tutti avessero cominciato a chiedersi: “Ma veramente ho scommesso sul cavallo vincente?” E oggi in particolare: “È un cavallo vincente, chi si lascia dominare da Alfano?”

Renzi, per qualche tempo, è stato il sogno. Ma non appena s’è profilato il confronto con la realtà, è nata la gara a chi lo critica meglio, a chi ne vede i limiti, a chi lo giudica più severamente Anche per cose stupide, come la vicenda del sottosegretario Gentile. Figurarsi quanto facilmente gli si perdonerà, domani, di non aver attuato un programma firmato Münchhausen.

Sperare, dunque? Nessuno lo vieta. Anch’io ho comprato il biglietto della lotteria. Ma non ricordo dove l’ho messo.

Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it

4 marzo 2014

 

LA SPERANZA IN POLITICAultima modifica: 2014-03-04T20:29:46+01:00da gianni.pardo
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