SE L’ISLAM VINCESSE

 

Maurizio Molinari, sulla Stampa(1), sostiene che il fanatismo islamico cominciò ad essere attivo avendo soprattutto un’organizzazione centrale (al Qaeda) e una testa (quella di Osama bin Laden). Oggi invece questo fanatismo si è diffuso, è diventato policentrico ed ha la sua base nelle sparse tribù del vasto mondo islamico. Ciò rende molto difficile proseguire una battaglia che potremmo anche non vincere.

Può darsi che questa tesi sia esatta da un capo all’altro. Essa sembra tuttavia non tenere conto di un dato storico: il successo a volte è più facile ottenerlo che amministrarlo. I grandi imperi – si pensi a quello d’Alessandro Magno – sono stati resi fragili dalle loro stesse dimensioni. L’Impero Romano si è sempre dovuto affannare per proteggere le sue frontiere, finché non ne è più stato capace. L’Impero di Mosca è imploso quando aveva raggiunto le sue massime dimensioni. Dopo qualche rovescio non grave ma umiliante, la stessa America di Obama ha deciso  di tirare i remi in barca e di leccarsi le ferite economiche piuttosto che dominare il mondo. E se questo vale per alcune delle più grandi potenze della storia, figurarsi se ci sia da contare su un successo stabile delle tribù islamiche.

Nessuno si nasconde che i terroristi, soprattutto se sostenuti da Stati canaglia, possono fare grandi danni. L’abbiamo imparato l’undici settembre del 2001. Ma essi non possono vincere una guerra. Possono indurre un occupante a “tornarsene a casa sua”, come è avvenuto con i francesi in Algeria, ma se è già a casa sua, e non ha dove andare, il terrorismo può soltanto innescare una risposta forte e dura. L’esempio giusto qui è Israele la quale infatti, a forza di barricarsi, è stata capace di far cessare gli attentati sul suo suolo. Per un Paese comparativamente sconfinato come la Francia, o per un Paese circondato da un mare caldo come l’Italia, le difficoltà di controllare le frontiere sarebbero molto più difficili e forse impossibili: ma rimane vero che i terroristi non riuscirebbero mai ad impadronirsene.

Una conquista dell’Europa è assurda sin dal 732 d.C. In realtà gli integralisti islamici avrebbero già enormi difficoltà sullo stesso territorio della Ummah. Chi vince ha diritto al trionfo ma il difficile viene dopo, ed è governare. Ammettendo che questo fantomatico Stato Islamico della Siria e del Levante sunnita  conquistasse una grande parte del Medio Oriente, fatalmente si scontrerebbe con la parte maggioritaria dell’Iraq, che è sciita; contro un agguerrito Iran, patria della Shia, che da sempre tende a pesare molto nella politica dell’Iraq; contro l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti che sono, sì, sunniti, ma non per questo disposti a condividere con degli straccioni le ricchezze che ricavano dal loro petrolio. Come se non bastasse,  avendo usato il terrore per ottenere il potere, i conquistatori dovrebbero aspettarsi che la stessa arma sia poi usata contro di loro. Se infine lo Stato Islamico si intestardisse a dichiarare corrotti e traditori i governanti di molti Stati arabi (a cominciare dall’Arabia), ai resistenti non mancherebbero né i finanziamenti né i “santuari”. Farsi temere ed odiare non è poi quel grande affare che alcuni pensano. I barbari difesero a lungo le frontiere romane, gli europei dell’Est non vedevano l’ora di rimandare i russi a casa, a calci, dimenticandone per quanto possibile l’esistenza.

L’impotenza internazionale degli arabi nasce tradizionalmente dalle loro eterne divisioni, ma un ulteriore fattore di debolezza è dato dallo stesso integralismo islamico. Quanto più esso è estremista, tanto meno è capace di essere ricco e forte. Può darsi che l’unica cultura necessaria, come diceva il califfo Omar, sia la conoscenza del Corano, ma presto si scopre che Allah ha fatto agli arabi soltanto il dono del petrolio, non quello delle raffinerie o di un esercito efficiente.

I propositi di molti musulmani fanatici sembrano nascere da sentimenti simili a quelli della volpe che non arrivava all’uva. Sentendosi del tutto incapaci di rincorrere la cultura e la prosperità dell’Occidente, prendono la direzione opposta: non lo studio ma la preghiera; non la ricchezza ma la purezza dei costumi; non la potenza militare ma la mera capacità di rendere la vita difficile al vincitore; non il progresso ma il ritorno all’Islàm delle origini, incluse le conversioni forzate e le stragi; non il riscatto, insomma, ma una fuga nell’ascesi religiosa.

L’Italia non ha una frontiera in comune con questa gente e sembra non comprendere la propria fortuna. La stupidità dei nostri governanti permette a migliaia e migliaia di musulmani – a motivo di una pietà che essi non avrebbero mai per noi – di entrare in Europa. Fino al giorno in cui alcuni di costoro – incolpevolmente, come lo scorpione che punse la rana – morderanno la mano che li ha nutriti. L’abbiamo già visto in Inghilterra e soprattutto in Francia. I nostri figli pagheranno il conto.

Gianni Pardo, pardonuovo@myblog.it

23 agosto 2014

(1)http://www3.lastampa.it/fileadmin/mobile/editoriali.php?articolo=1

 

SE L’ISLAM VINCESSEultima modifica: 2014-08-25T10:01:25+02:00da gianni.pardo
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