IL SIGNIFICATO DELLA RIVOLTA

È innegabile che in questi mesi c’è stato un contagioso vento di rivoluzione nei Paesi arabi. Non solo in Tunisia, Algeria ed Egitto, ma persino in Giordania e in Yemen. Che cosa vogliono, i manifestanti? Pane e libertà. E in primo luogo l’eliminazione dell’uomo che rappresenta il potere.
Una ventata di rivoluzioni fa inevitabilmente pensare al 1848. Ma i nostri avi non chiedevano qualcosa di vago, come il pane: chiedevano l’applicazione dei principi della Rivoluzione Francese, la modernizzazione del Paese, una maggiore libertà che facesse rivivere e trionfare quella spinta che si era creduto di annullare con la Restaurazione. La monarchia sì, ma costituzionale; e la fine di un mondo bigotto e conservatore. In poche parole, i rivoluzionari del Quarantotto avevano idee politiche. Anche se molte delle “rivoluzioni” non approdarono a gran che, certamente in quell’anno la storia subì una drammatica accelerazione. Del resto, proprio allora fu pubblicato il Manifesto di Marx.
Nei Paesi arabi tutto questo non è possibile. Da un lato la mentalità islamica spinge a subire il dominio di un oppressore, dall’altro il livello culturale è estremamente basso: in un anno si traducono più libri in greco che in tutti i paesi islamici riuniti. Come dire che un piccolo popolo che noi consideriamo uno dei fanalini di coda dell’Europa, legge quanto tutte quelle moltitudini messe insieme. Non è un caso se l’unica democrazia reale del Bacino del Mediterraneo sia Israele.
Nella rivolta egiziana quali sono state le richieste della folla? In primo luogo che Mubarak se ne andasse. Uno degli slogan era: “Go out. Just do it”. “Vattene. E basta”. E questo non è che sia molto intelligente. Perché se il quasi dittatore avesse fatto cose sbagliate, proprio quelle cose dovevano essergli rimproverate. Diversamente, chi garantisce agli egiziani che il nuovo uomo forte che dovesse emergere si comporterà diversamente?
Si è forse chiesto un maggiore spazio per gli integralisti musulmani? Neppure questo. Non solo dicono che la Fratellanza Musulmana sia in perdita di velocità, ma gli stessi esponenti del movimento hanno teso a presentarsi come moderati, come un semplice partito politico guidato da dirigenti in giacca e cravatta, senza barba o al massimo con barbette europee. Probabilmente perché sapevano che la grande massa del popolo li guarda con sospetto e una loro eccessiva visibilità avrebbe danneggiato la rivolta.
Poi i rivoltosi, al Cairo come a Tunisi, hanno chiesto “pane”. Se con questo si chiedeva un miglioramento dell’economia in genere, si chiedeva la Luna. In troppi Paesi del mondo (anche in Italia) si crede che il governo possa migliorare la situazione produttiva mentre è vero che può modificarla, ma solo in peggio. La prova l’ha data l’Unione Sovietica: lì lo Stato aveva in mano tutta l’economia. La ricchezza di un Paese nasce dalla sua libertà e dall’industriosità dei suoi cittadini. È ricco un Paese privo di tutto come l’Olanda, che deve addirittura rubare il suo stesso territorio al mare, mentre è povero un Paese che ha tutte le migliori risorse come il Congo.
Se invece si parlava effettivamente del prodotto della panificazione, è noto che questo cibo – salvo che nelle carceri e nelle caserme – non è mai distribuito dallo Stato. Dunque se uno Stato volesse tenere ad un determinato livello il prezzo di questa derrata, potrebbe farlo soltanto dando sussidi ai produttori e imponendo maggiori tasse sulla popolazione. In fin dei conti pagherebbe sempre il consumatore. L’unico sistema per far sì che il prezzo del pane sia basso è quello di produrlo a basso costo, con un’agricoltura meccanizzata ed estensiva come avviene negli Stati Uniti. Ma in Egitto questo non è possibile. A parte l’arretratezza tecnologica del Paese, mancano letteralmente i campi da coltivare. L’Egitto, ha detto Erodoto, è un “dono del Nilo”, nel senso che si può vivere lungo le sponde di quel grande fiume ma il resto è deserto. Dunque il grano è in larga misura importato al prezzo delle commodities quotate in Borsa, e in parte (forse) regalato dagli Stati Uniti. Gli egiziani non dovrebbero stupirsi del prezzo del pane ma della sua esistenza nei negozi.
La vera tragedia delle nazioni musulmane del Bacino del Mediterraneo è una straripante sovrappopolazione, rispetto alle risorse del territorio. Nascono troppi bambini. Troppi giovani sono disoccupati. Troppe famiglie sono disperate. E a tutto ciò non porrà rimedio l’allontanamento di un uomo.
Le folle islamiche non si sono rivoltate per ottenere qualcosa. Del resto non sapevano nemmeno che cosa avrebbero dovuto chiedere. Si sono rivoltate contro una situazione economicamente difficile. Chiedere pane corrisponde a dire “siamo infelici”. Ma la rivolta li renderà felici?
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
12 febbraio 2011

IL SIGNIFICATO DELLA RIVOLTAultima modifica: 2011-02-13T10:32:00+01:00da gianni.pardo
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