CONSEGUENZE DEL REFERENDUM GRECO

Il senso del referendum annunciato oggi dal Primo Ministro greco Papandreu sembra sfuggire a tutti. Come si può chiedere ai cittadini di fare enormi sacrifici per qualcosa di astratto come la partecipazione all’eurozona, o l’onore di fare la spesa con un biglietto di banca con scritto euro invece di dracme? Soprattutto se la gente è convinta che si stava meglio quando si usavano le dracme? Attualmente è come se Papandreu pensasse di chiedere ai suoi concittadini: “Preferite una diminuzione degli stipendi o una diminuzione dei prezzi?”

Per spiegare l’annuncio sono state fatte parecchie ipotesi. La prima è che il governo speri che i greci si rendano conto del drammatico momento e votino sì per sostenerlo. E chi è capace di credere questo è anche capace di sperare che, gettando una monetina, rimanga dritta sul bordo.

La seconda ipotesi è che si voglia provocare una crisi di governo per allargare la maggioranza, sempre a causa del drammatico momento.

La terza ipotesi è che l’annuncio di questo referendum corrisponda all’impossibilità di fronteggiare ulteriormente le proteste della popolazione e alla decisione di dichiarare il default della Grecia. La discussione fra tutte queste tesi potrebbe essere interessante se non fosse anche totalmente inutile. Infatti le Borse, col loro crollo, mostrano di avere capito una cosa soltanto: Atene abbandona l’euro. La Grecia se ne va e non paga i suoi debiti. 

La cosa è talmente vera che molti si sono chiesti: e l’Italia, rischia di fare lo stesso? Per la sola possibilità di questo contagio, la differenza fra il rendimento dei nostri titoli di Stato e quelli della Germania è schizzata a 459 punti, un’enormità. E sotto attacco sono anche i titoli francesi, dal momento che le banche di quel Paese detengono molti titoli greci. Titoli che dall’oggi al domani rischiano di essere carta straccia.

Dire che tutto ciò susciti meraviglia sarebbe sbagliato. L’edificio della moneta comune è stato costruito sulla sabbia. Invece di unificare i sistemi economici e fiscali, e farne conseguire l’euro, si è realizzato quest’ultimo pensando che esso provocasse l’unificazione di quei sistemi. Oggi vediamo che l’operazione non è riuscita e che per giunta – con l’ingenuità degli sposi di provincia che, per dimostrare di essersi giurato amore eterno, non stipulano il regime di separazione dei beni – gli Stati firmatari non hanno previsto un modo per recedere dall’unione monetaria. Se ora la Grecia dichiara il proprio default (cioè smette di pagare i suoi debiti) e decide di uscire dall’euro, da un lato potrà certo farlo, visto che è uno Stato sovrano, dall’altro, per quanto riguarda le modalità del drammatico evento, tutti dovranno improvvisare. Il pullman dell’euro è partito per un viaggio senza ritorno e non s’è nemmeno portato dietro una ruota di scorta.

Purtroppo il problema non riguarda soltanto quella piccola nazione mediterranea. Fino ad oggi tutti hanno presentato il suo salvataggio economico come una impresa generosa e necessaria. Diamo una mano al collega in difficoltà. In realtà, tutti hanno temuto e temono enormi contraccolpi, perché se l’evento sarà tragico per la nazione interessata, rimarrà comunque pesantissimo anche per i Paesi europei. In particolare per coloro che hanno interessi in Grecia o ne detengono i titoli. Come si comporteranno i governi con le banche che, in conseguenza di quel default, rischieranno di fallire?

Non ci rimane che aspettare il corso degli eventi e le spiegazioni che, da domani, speriamo ci diano i competenti. Accoglieremo volentieri sia i loro lumi sia le loro correzioni: attualmente è solo possibile fornire un elenco di domande e tenere incrociate le dita.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it

2 novembre 2011

 
CONSEGUENZE DEL REFERENDUM GRECOultima modifica: 2011-11-02T06:25:28+01:00da gianni.pardo
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