IL COLPEVOLE DELLA CRISI EUROPEA

Quando all’università si studiano “Macchine” non si parte dal computer o dai motori a reazione, si parte dalle “macchine semplici”: la leva, la carrucola, il piano inclinato. Il principio è che, prima di capire le cose complicate, bisogna capire quelle elementari. E poi ricordare che le complicate possono essere più difficili delle elementari ma non possono contraddirle. 

Lo stesso vale per l’economia. I trattati sono irti di formule, modelli e diagrammi capaci di spaventare chiunque, ma non possono smentire i principi fondamentali, banali, terra terra, di cui sono in possesso anche gli analfabeti: non si può spendere più di quanto si guadagna, per esempio; il futuro è imprevedibile; nessuno dà niente per niente… anche se oggi è di moda esprimere questo concetto con le parole di Milton Friedman: “Nessun pasto è gratis”.

Per tornare alle cose elementari immaginiamo un’Europa priva del denaro. La mancanza della moneta renderebbe gli scambi enormemente più difficili ma non impossibili. Bisognerebbe stabilire quante copie del dizionario Zingarelli bisognerebbe dare per una mountain bike e a quante mucche da latte corrisponderebbe  una Nuova 5oo Fiat. Il baratto ha molti inconvenienti e per questo nasce l’esigenza di far riferimento ad un bene unico, indefinitamente frazionabile e appetito da tutti: l’oro. Il dizionario vale due grammi, la mountain bike vale tre grammi, l’automobile parecchio di più. E l’inflazione sarebbe impossibile: infatti la quantità d’oro in circolazione (salvo il momento dopo la scoperta dell’America) è più o meno costante.

I biglietti di banca che nessuno può rifiutare in pagamento – la cosiddetta “moneta cartacea a corso forzoso” – sostituirebbero validamente il baratto ed anche l’oro se gli Stati li mantenessero in quantità costante. L’unica differenza sarebbe che mentre l’oro, oltre ad essere una moneta, è un bene in sé, anche sotto forma di metallo non lavorato, la cartamoneta non è un bene in sé: è solo una forma di titolo di credito nei confronti della collettività: “Ho fatto un certo lavoro per qualcuno, che mi ha riconosciuto il diritto di avere qualcosa in cambio, anche se non da lui, ma da un altro; il quale a sua volta, ottenuto il mio biglietto, avrà il diritto di chiedere ad un terzo qualcosa per quel valore e via di seguito, fino a creare la circolazione monetaria”.

Il sistema sarebbe perfetto se i governanti fossero onesti. Ma non lo sono. Quando ancora circolavano monete auree, i re cominciarono a barare. La moneta avrebbe dovuto essere, poniamo, di cinque grammi d’oro, e all’inizio lo era. Poi, mantenendo il valore di “cinque grammi d’oro”, i re limavano le monete, fino a portarle, per esempio, a quattro grammi e settantacinque o quattro grammi e mezzo, pur non cambiando il valore facciale. Una truffa in commercio.

Se i sovrani erano in grado di barare con la circolazione aurea, figurarsi con le banconote, quando basta stamparne un po’ di più e spenderle come fossero oro. Ma la cosa provoca inflazione. Eccone un esempio. Uno Stato ha centomila dipendenti che protestano. Con il gold standard (circolazione aurea) se il Tesoro non avesse di che per farli contenti, gli impiegati dovrebbero o rassegnarsi o fare la rivoluzione. Con la cartamoneta, quale Stato rischierebbe la rivoluzione se, stampando un po’ di carta in più, risolverebbe il problema?

Il punto è che purtroppo il problema non sarebbe risolto. Aumentando le banconote non per questo aumentano i beni che con esse si possono comprare. Se prima c’erano mille beni e mille biglietti di banca, e un bene valeva 1 biglietto, ora che i biglietti sono 1.100, e i beni sono rimasti mille, per comprarli si richiedono 1,1 biglietti di banca. Lo Stato fa contenti i suoi impiegati a spese della collettività. L’inflazione fa felici i primi prenditori del denaro in più, ma a spese di tutti gli altri. Nessun pasto è gratis.

Se lo Stato vuole evitare l’inflazione, può farsi prestare il denaro da qualcuno e far contenti con quello gli impiegati del nostro esempio. Il guaio è però che i creditori hanno la brutta abitudine di voler essere rimborsati. A questo problema a volte, in passato, i sovrani hanno trovato una soluzione brillante. Il re di Francia ha detto ai banchieri toscani: “Non vi pago e basta”. Ma gli Stati moderni rischiano di più. L’Argentina ancora oggi è uno Stato paria, dal punto di vista finanziario internazionale, proprio perché ha mancato agli impegni.

Il discorso va allargandosi e potrebbe andare ancora molto avanti, ma la conclusione è già chiara: i problemi dell’Europa, dell’euro, di Stati come la Grecia risalgono ad un’unica matrice: gli Stati credono di saperla più lunga delle massaie e barano. 

Né i popoli sono innocenti. Sono come i bambini per i quali papà può comprare qualunque giocattolo, solo che lo voglia. E i governanti si lasciano trascinare dalla demagogia. Alla fine il risultato è quello che abbiamo sotto gli occhi.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it

24 agosto 2011

IL COLPEVOLE DELLA CRISI EUROPEAultima modifica: 2011-08-24T08:35:32+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “IL COLPEVOLE DELLA CRISI EUROPEA

  1. Caro Pardo, hai un dono che non finirò mai di apprezzare (e anche di invidiare).
    Chiarezza e sintesi, anche per argomenti ostici.
    Un saluto ormai affettuoso, dopo tutto questo tempo che ti seguo.

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