LA FIAT GIOCA L’ASSO DI BRISCOLA

Affaritaliani.it reca questo titolo(1): “La Fiat ha disdettato i contratti vigenti nell’intero gruppo, passo necessario per introdurre in tutti gli stabilimenti il nuovo contratto sul modello di quelli siglati a Pomigliano e Mirafiori”. Sembra una nota aziendale ed è una rivoluzione.

Va premesso che quasi un anno fa i sindacati (con l’eccezione di Fiom, Cgil e Ugl) avevano accettato  il “contratto unico aziendale” ma spesso non si fa attenzione all’effetto concreto di una decisione finché non se ne constatano le conseguenze. E ora la conseguenza è che la Fiat, improvvisamente, dà poco più di un mese di tempo ai sindacati aziendali per concludere il nuovo accordo. Naturalmente parla anche di possibili condizioni “migliorative”, ma è tutto eccipiente rispetto alla sostanza ultima:  i grandi sindacati sono stati espulsi dalla Fiat. Quelli aziendali dichiarano coraggiosamente di “accettare la sfida”, ma una cosa è certa: chi può minacciare la chiusura possiede l’asso di briscola. Ed è interessante vedere come questo sia stato possibile. Come si sia potuti arrivare a tutto ciò in un Paese come l’Italia in cui i sindacati – come nella Gran Bretagna di Edward Heath – hanno sempre avuto l’ultima parola. 

Come spesso avviene, i grandi cambiamenti della società non hanno come causa una decisione del governo o una rivoluzione di popolo ma piuttosto una maturazione culturale indotta dai fatti. La Rivoluzione Francese non provocò un cambiamento di mentalità, ne fu la conseguenza: la vera causa fu l’Illuminismo. Un movimento così possente da trionfare anche dopo Waterloo e dopo la Restaurazione. In Inghilterra ciò che Heath non seppe fare lo fece la Thatcher quando dimostrò che il governo poteva resistere per mesi allo sciopero dei minatori. Ma probabilmente ciò dipese – oltre che dalla ferrea natura della Lady – dal fatto che i tempi erano maturi. I britannici erano stanchi delle prevaricazioni dei sindacati e li privarono del loro sostegno: e infatti non solo i minatori piegarono la testa allora, ma i sindacati non furono mai più imperiosi ed arroganti come erano stati prima. La Gran Bretagna aveva voltato pagina, tanto definitivamente da non tornare indietro nemmeno quando Blair, laburista, andò al governo. 

In Italia non s’è avuto né un Illuminismo sindacale né uno scontro aperto come quello dei minatori con la Thatcher. Più semplicemente, cominciando dalle finanze dello Stato, ha comandato il brutale linguaggio della Tavola Pitagorica. In passato, quando la grande impresa si è scontrata con i “lavoratori”, il governo si è affrettato a “mediare” in favore del sindacato, essendo anche pronto a mettere la mano in tasca per concludere l’accordo. Oggi non se lo può più permettere. Dunque la Fiat è ridivenuta un’impresa che o sopravvive con le proprie forze o non sopravvive. Proprio per questo si è potuta presentare a Pomigliano d’Arco dicendo, con la voce di Marchionne: “O accettate questi patti sindacali o la Fiat chiude. E voi restate senza lavoro”. I lavoratori, checché abbia potuto gridare la Fiom, illusa che i tempi non cambiassero mai, hanno ovviamente votato per il lavoro. E ora la stessa cosa si propone per tutti e 72.000 i lavoratori della Fiat. 

Prima abbiamo avuto molti decenni di follia ideologica e si è a lungo creduto che i “principi” valessero più dell’aritmetica. Ora si ritorna alla realtà: il lavoro è uno degli elementi della produzione e deve essere rimunerato al massimo ma compatibilmente con i limiti economici dell’impresa. Non esiste alcun deus ex machina che possa rendere il salario una variabile indipendente. 

È stato necessario sbattere il naso contro un possibile fallimento per ricuperare il semplice buon senso. Ma, si sa, il buon senso in Italia è stato spesso considerato cosa da persone insensibili. O da nemici dei lavoratori. 

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it

22 novembre 2011

 (1)http://affaritaliani.libero.it/economia/fiat-accordi-sindacali211111.html

 

LA FIAT GIOCA L’ASSO DI BRISCOLAultima modifica: 2011-11-22T09:58:55+01:00da gianni.pardo
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